giovedì 24 gennaio 2019

coop

Coop richiama il cuociriso Satrap

Il motivo? C'è il rischio di «elettrocuzione al contatto con il guscio»

 D.M.
BERNA - A causa del rischio di «elettrocuzione al contatto con il guscio» (prendere la scossa) Coop ha deciso di ritirare il cuociriso «Satrap Asia RK1 da 1 litro» in vendita dal 1° settembre 2017.
I clienti che hanno acquistato questo prodotto sono invitati a non utilizzarlo più e a riportarlo in un punto vendita. Il prezzo (circa 50 franchi) sarà rimborsato.
Il richiamo riguarda il «cuociriso Satrap Asia RK1 da 1 litro» con prezzo di vendita di fr. 49.95, numero d’articolo 5.787.706. Il numero d’articolo è riportato sulla targhetta sulla parte inferiore del cuociriso. 
I cuociriso Coop acquistati prima di tale data e che recano sulla targhetta un altro numero d’articolo non sono interessati da richiamo.
L’articolo era in vendita nei supermercati Coop, nei Grandi Magazzini Coop City, nei centri Coop Edile+Hobby e da www.edileehobby.ch. La vendita è già stata sospesa. 

domenica 15 ottobre 2017

MoVimento 5 Stelle


UNA LEGGE ELETTORALE DA APOLOGIA DEL FASCISMO

La vera apologia del fascismo non sono i monumenti costruiti durante il Ventennio, ma comportarsi dentro al Parlamento nella stessa misera maniera delle camicie nere.

A far approvare una legge elettorale facendo apporre la fiducia dal governo, prima di Renzi e Gentiloni, fu infatti Mussolini.

Poche settimane fa Fiano presentava la sua legge contro l’apologia del fascismo e oggi si presenta in Aula come relatore di una legge elettorale che verrà approvata sotto la “minaccia” del governo, proprio come la legge Acerbo che nel 1923 diede inizio all’ascesa del Partito Nazionale Fascista.

Questa è la vera apologia del fascismo.
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lunedì 11 settembre 2017

GENTILONI A CAMPOTOSTO E CAPITIGNANO, ''PIU' PROTEZIONE CIVILE? CAPITO MESSAGGIO''

LA PROTESTA
CASAPOUND, "PRIMA RICOSTRUZIONE, POI IUS SOLI"
"Ricostruzione sociale, ricostruzione economica, detassazione e lo Ius soli è una cosa che può assolutamente aspettare".
Così Claudia Pagliariccio, neo portavoce di CasaPound L'Aquila dopo esserne stata candidata sindaco alle ultime elezioni amministrative, che stamattina a Campotosto, assieme a un drappello di cittadini, ha contestato il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, in visita nei luoghi colpiti dai terremoti.
"Avremmo voluto avvicinare il presidente del Consiglio per chiedergli di focalizzare le sue attenzioni su quella che doveva essere una ricostruzione economica e sociale di tutto il territorio danneggiato dal sisma, quindi su tutto il cratere" ha spiegato la Pagliariccio, che ha ribadito la necessità di "etassazione su tutti i comuni del cratere".
Occorre "spostare l'attenzione dallo Ius soli, che non serve e potrebbe passare in secondo piano, alla necessità di far ripartire economicamente e socialmente questo territorio - ha aggiunto -Ricostruire le case senza dare una possibilità economica ai cittadini che vivono qui è una cosa assolutamente inutile".
Insieme alla Pagliariccio e a un gruppo di cittadini, che hanno provocatoriamente chiesto se Gentiloni si sia reso conto del terremoto solo oggi, anche il responsabile regionale di CasaPound, Simone Laurenzi.

martedì 7 febbraio 2017

Scandalo Eni, 13 mila tonnellate di rifiuti portate a Chieti Scalo

Scandalo Eni, 13 mila tonnellate di rifiuti portate a Chieti Scalo..ABRUZZO. L'inchiesta petrolio in Basilicata interessa sempre di più anche l'Abruzzo.
Trovano conferma le notizie pure conosciute di smaltimenti di rifiuti provenienti dalla Basilicata.
Il Forum H2O ha diffuso ieri la notizia che sarebbero oltre 13.000 le tonnellate di rifiuti degli impianti petroliferi lucani conferiti a Chieti scalo nel 2013 e 2014.
Le carte dell'inchiesta della Procura di Potenza sull'ENI di Viggiano parlano anche dell'Abruzzo.
Oltre alla questione che riguarda il Direttore tecnico dell'Arta Abruzzo Giovanni Damiani, uscita sabato su Il Fatto Quotidiano, si parla in più parti del conferimento di ben 13.482,42 tonnellate di rifiuti liquidi provenienti dalle attività di estrazione (273,3 nel 2013 e 13209,12 nel 2014) che sarebbero state trasportate all'impianto di Chieti scalo della società Depuracque srl in località S. Martino.
L'azienda Depuracque, rivela il Forum dell’Acqua che ha letto le carte, non è indagata in questa inchiesta.
Il cuore dell'indagine riguarda proprio la classificazione di questi rifiuti, che l'ENI dichiarava "non pericolosi" mentre la procura di Potenza, tramite una perizia, li ritiene "pericolosi". Il codice rifiuto da applicare sarebbe stato il 19 02 04 "Miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuti pericoloso" e 13 05 08 "Miscugli di rifiuti delle camere a sabbia e dei prodotti di separazione acqua/olio".
Insomma una classificazione errata ma di comodo che poteva fruttare risparmi ingenti.
Agli atti ci sono intercettazioni in cui si parla di problemi di cattivi odori provenienti dai rifiuti che avrebbero interessato diversi impianti in cui venivano smaltiti i rifiuti prodotti dalle estrazioni, tra cui quello chietino. Secondo la ricostruzione degli inquirenti la questione dei cattivi odori era diventato un problema per gli indagati tanto che uno di loro avrebbe usato un tono di minaccia per l'impianto chietino in cui si sarebbero verificate problematiche odorigene causate dal rifiuto. In un'intercettazione, infatti, si parla chiaramente della Depuracque e dell'intento di togliergli il subappalto qualora le lamentele fossero continuate e se non avessero accettato 10 carichi al giorno.
La Procura di Potenza ricorda che l'impianto chietino era comunque autorizzato anche per trattare i due codici CER di rifiuti pericolosi che avrebbero dovuto essere assegnati ai rifiuti secondo la procura lucana.
«Ricordiamo», specifica Augusto De Sanctis del Forum dell’Acqua, «che pochi mesi fa proprio i vertici di Depuracque srl, assieme ad esponenti del Consorzio di Bonifica Centro, sono stati al centro di un'altra e diversa inchiesta, questa volta della Procura distrettuale antimafia di L'Aquila, che ha ipotizzato anche il traffico illegale di rifiuti. Sarebbe interessante capire se la grande mole di rifiuti pervenuti dalla Basilicata a Chieti come rifiuti non pericolosi siano poi stati trattati adeguatamente e correttamente (e a costi maggiori per ENI; la Procura di Potenza ha calcolato in diverse decine di milioni di euro il vantaggio per ENI dalla diversa classificazione dei rifiuti) nell'impianto chietino come rifiuti pericolosi dalla ditta che li ha accettati e smaltiti. In ogni caso, al di là delle questioni penali e dell'inchiesta che farà il suo corso, basta vedere i quantitativi di rifiuti in gioco per capire la totale insostenibilità ambientale della deriva petrolifera».
 E proprio l’inchiesta della distrettuale dell’Aquila condotta dalla Forestale sembra incrociarsi pericolosamente con quella potentina arrivando ad indagare intorno alle operazione della Depuracque contemporaneamente ma con punti di vista diversi.
Non è escluso che la procura potentina abbia indicato una strada dei rifiuti e quella aquilana poi proverà a spiegare come questi rifiuti venivano smaltiti.
Lo scorso dicembre la Forestale ha messo a segno una serie di perquisizioni alla ricerca di documenti e prove.
Alla fine sono stati prelevati una trentina di faldoni di documenti e campioni di rifiuti e fanghi, con buona approssimazione in quei faldoni ci sono anche i fanghi dell’Eni della Basilicata.
Al momento nell’inchiesta abruzzese risultano indagati Nicola Levorato, Enzo Orsatti e Gianluca Vaccarella della Depuracque; Roberto Roberti, Tommaso Valerio e Andrea De Luca, del Consorzio di Bonifica Centro; Virginia e Angelo De Cesaris e Antonio D’Angelo, rispettivamente delle società Ecologica Anzuca e Angelo De Cesaris srl, di Francavilla al Mare, e D’Angelo Antonio srl di Castel Frentano.
I reati sono traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale. Il sospetto è che molte sostanze e fanghi venissero sversati direttamente nel fiume e se la cosa fosse provata ci ritroveremmo nuovamente di fronte ad un “inquinamento di Stato” dove enti pubblici come il Consorzio non vigilerebbero sulle attività delle ditte da loro incaricate.
La procura nell’avviso di garanzia già consegnato ha scritto: «pur essendo a conoscenza dell’inquinamento che provocano le acque reflue rilasciate dall’impianto di depurazione consortile di San Martino, gli indagati continuano dolosamente a sversare nell’area circostante liquidi inquinanti interessando, oltre le acque superficiali, anche le acque sotterranee e persino l’interramento dei fanghi».
Non c’è pace per quella cartolina sbiadita che fu l’Abruzzo verde di un tempo, sempre più insozzato e avvelenato.

Google sulle tasse da pagare nel Regno Unito....

Qualche giorno fa il governo britannico ha raggiunto un accordo con Google sulle tasse da pagare nel Regno Unito: 130 milioni di arretrati dal 2005 a oggi. Una tassa del 3% hanno attaccato i laburisti mentre alcune ricerche sui profitti di Google indicano che il prezzo giusto da pagare sarebbe di 200 milioni l’anno (e non 130 per dieci). E la commissaria alla concorrenza della Commissione europea, Margharete Vestager, ha annunciato un’inchiesta. Nel frattempo Google ha scritto al Financial Times per difendersi: noi rispettiamo la legge, non evadiamo le tasse.
A loro volta Francia e Italia hanno aperto inchieste formali per verificare se e come il gigante tecnologico abbia evaso o eluso le tasse nei due Paesi. Per l’Italia si tratta di circa 300 milioni – e un possibile gettito sopra i 200. Un’inchiesta simile riguarda Apple. Amazon, Starbucks sono a loro volta nei guai o hanno raggiunto accordi. Non potrebbe essere altrimenti: negli anni i giganti tecnologici hanno usato i buchi della regolamentazione europea e mondiale sulle tasse per pagare il meno possibile agli Stati dove generano profitti piazzando le loro sedi legali in luoghi che hanno una corporate tax, una tassa sui profitti dlele imprese, più bassa che altrove. In Europa questi luoghi sono Irlanda e Lussemburgo. Il mondo è pieno di paradisi fiscali nei caraibi dove proprio non si paga nulla. Le sedi dei giganti tecnologici sono anche la.
In effetti Google, Facebook (che ha chiuso un trimestre di profitti da record) e Apple (che invece porta un segno meno nella vendita di telefoni per la prima volta in 13 anni) non hanno frodato il fisco ma approfittato dell’assenza di regole e accordi non pagando le tasse dove generano profitti, paese per paese, ma dove hanno la loro sede legale. Ora, il sistema internazionale di tassazione è quello emerso dalla Lega delle Nazioni nel 1928 – ci ricorda il Financial Times –  prevede che la maggior parte delle tase vengano pagate dove i prodotti vengono creati, costruiti, pensati. Bene, perché allora Google non paga molto nemmeno negli Stati Uniti? Perché studiando bene si riesce, appunto, a fare in modo di essere una compagnia delle Bermuda. Il sistema lo consente, le imprese lo usano.

La novità, oltre a un qualche dinamismo di governi nazionali senza un soldo che fino a ieri hanno accettato i comportamenti delle multinazionali senza dire una parola, è che i 31 Paesi Ocse hanno firmato un accordo che dovrebbe rendere più complicato evitare di pagare le tasse nel luogo dove si generano profitti. Se Facebook o Google vendono pubblicità in Italia o in Olanda, dovranno dichiarare i loro profitti e pagare le tasse nel luogo in cui vendono e non dove hanno la sede internazionale. I Paesi sono d’accordo nello scambiarsi informazioni relative alle dichiarazioni dei colossi. La pressione per Google&Co era cresciuta nel tempo, per anni le compagnie sono cresciute evitando il problea fisco o quasi. Ora il clima è cambiato e c’è l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema. Basteranno l’accordo Ocse e la crescente attenzione dei governi? Possibile, ma certo l’accordo con la Gran Bretagna, mostra anche come le grandi multinazionali siano capaci di ottenere dai governi condizioni vantaggiose comunque. La pressione e l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica su un tema importante in un mondo dove gli Stati faticano a trovare soldi per riparare i buchi nelle strade e finanziare le scuole, rimangono l’antidoto migliore. evitare l’evasione, Facebook, Amazon e le tasse che non pagano. Un accordo Ocse per evitare l’evasione

LE BANCHE....

Della Luna: banche e sangue, stanno per portarci via tutto...I risparmi degli italiani, mobiliari e immobiliari, già stimati in 8.000 miliardi, da tempo attraggono l’interesse di finanzieri e politici, che già ne hanno preso una  discreta parte tra truffe bancarie ed estorsioni tributarie, come ben sanno soprattutto i molti imprenditori che devono chiedere prestiti per pagare le tasse su redditi non realizzati. Mercoledì 20  ho ascoltato per quasi un’ora il giornalista economico di “Radio 24”, il quale si meravigliava del fatto che continuano le vendite massicce di azioni delle banche italiane sebbene i loro circa 300 miliardi di crediti deteriorati siano coperti per oltre il 90% da accantonamenti e garanzie. Oggi i titoli bancari hanno recuperato, ma di ben poco rispetto alle perdite accumulate recentemente. Mps oggi passa da 0,50 a 0,73 (+ 0,43%), ma otto giorni fa era a 1 e otto mesi fa era 9,45! Quest’anima candida di giornalista economico par non sapere ciò che sanno tutti gli operatori (quindi crederà a Draghi che oggi sostiene che le banche italiane siano solide). Non sa, innanzitutto, che i crediti deteriorati sono molti di più di quelli dichiarati in bilancio, perché quasi tutte le banche  hanno molte sofferenze sommerse, cioè che non dichiarano perché non hanno i soldi per fare i relativi accantonamenti. 

Non sa, inoltre, che molti crediti divenuti inesigibili figurano invece a bilancio come a rischio ordinario solo perché il loro ammortamento, cioè la scadenza delle rate, è stato sospeso dalle banche stesse in accordo con i clienti morosi, nel reciproco interesse. Non sa che molti crediti, apparentemente coperti da idonee garanzie, in realtà sono scoperti, perché le garanzie sono state  sopravvalutate ad arte al fine di concedere crediti a compari e a clientele politiche che era inteso che non li avrebbero rimborsati. O che sono beni sopravvalutati per consentire agli amici-venditori di venderli per un prezzo moltiplicato a compratori fasulli. Non sa che le garanzie immobiliari acquisita dalle banche a collaterale dei crediti erogati si sono fortemente svalutate e sono divenute pressoché invendibili, fonte più di spese che di recuperi, a causa della quasi morte del settore immobiliare fortemente voluta con la politica fiscale dal governo Monti, sicché le banche, pur avendo sulla carta la possibilità di recuperare i loro crediti vendendo gli immobili ipotecati a copertura, in realtà incasserebbero troppo tardi perché il realizzo possa aiutare a superare la crisi odierna.
Non sa che il sistema bancario italiano non crolla solo perché continua: a ricevere aiuti (credito gratuito) dalla Bce; ad avere la possibilità di realizzare profitti illeciti, ossia solo perché le varie autorità competenti non gli impediscono di continuare; ad applicare commissioni illegittime, interessi usurari, anatocismo; nonché a collocare titoli-spazzatura o sopravvalutati; e, come già detto, a non dichiarare in bilancio tutte le perdite sui crediti. Tutte queste cose, al contrario, le sa la Banca Centrale Europea, che a giorni manderà i suoi ispettori nelle banche italiane, e si sa già che cosa quindi questi signori troveranno. Ecco il perché delle turbo-vendite massicce anche allo scoperto dei titoli delle banche italiane. Si sa che l’ispezione, se non solo minacciata ma anche rigidamente eseguita (e qui c’è spazio per mediazione politica e il buon senso, ovviamente) potrà portare a un disastro di tutto il sistema bancario e a conseguenze radicali per l’intero paese. Più dell’arrivo della Troika, di nuove tasse di emergenza per finanziare la bad bank, di un bail-in generalizzato, di una legge che ipotechi forzatamente i beni immobili degli italiani a garanzia di qualche prestito di salvataggio da parte del Fmi.
E siccome una qualche situazione esplosiva molto probabilmente si realizzerà prima che sia stato instaurato il nuovo, schiacciante sistema di dominio autocratico del premier, cioè la riforma costituzionale ed elettorale del governo Renzi, è abbastanza possibile che il paese si ribelli. Soprattutto se verrà divulgata la notizia che gli stessi fondi di investimento e altri investitori istituzionali che stanno conducendo la campagna di svendita dei titoli delle banche italiane, sono quelli che partecipano la Banca d’Italia, le agenzie di rating, e la stessa Bce, la quale adesso manda le ispezioni. È molto pericoloso che la gente apprenda chi e come le sta portando via il risparmio e la casa e il posto di lavoro e, al contempo, la libertà.

......AMAZON..........(...?...)

Amazon paga meno tasse di una bancarella di salsicce......Le multinazionali come la catena di caffè Starbucks e il sito di vendita online Amazon in Austria pagano meno tasse di una delle minuscole bancarelle di salsicce del paese: lo ha denunciato il cancelliere di centrosinistra della repubblica in una recente intervista, scrive la “Reuters” in un lancio ripreso da “Voci dall’Estero”. Il cancelliere Christian Kern, leader dei socialdemocratici e del governo di coalizione di centro, ha anche criticato i giganti di internet Google e Facebook, affermando che, se pagassero più tasse, le sovvenzioni per la carta stampata potrebbero essere aumentate. «Ogni caffè viennese, ogni banchetto di salsicce in Austria paga più tasse di una multinazionale», sono due frasi riportate da quanto ha detto Kern in un’intervista al quotidiano “Der Standard”, evocando due importanti simboli della cultura alimentare della capitale austriaca. «Questo vale anche per Starbucks, Amazon e altre aziende», ha aggiunto, elogiando la decisione della Commissione Europea di questa settimana, che ha stabilito che Apple dovrebbe pagare all’Irlanda fino a 13 miliardi di euro (14,5 miliardi di dollari) intasse più gli interessi, perché le condizioni speciali per attirare profitti nel paese sono state dichiarate un aiuto di stato illegale.

Apple ha detto che impugnerà la decisione, che l’amministratore delegato Tim Cook ha definito «una completa schifezza politica». Google, Facebook e altre multinazionali dichiarano di adeguarsi completamente alla normativa fiscale. Kern ha anche criticato gli stati membri dell’Unione Europea con regimi fiscali agevolati che hanno attirato le multinazionali – e sono stati messi sotto esame da Bruxelles. «Quello che stanno facendo Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo e Malta manca di solidarietà verso il resto dell’economia europea», ha detto. Si è astenuto dal chiedere che Facebook e Google pagassero più tasse, ma ha sottolineato le loro vendite significative in Austria, che ha stimato in oltre 100 milioni di euro ciascuno, e il loro numero di dipendenti relativamente piccolo – una «buona dozzina» per Google e «presumibilmente ancora meno» per Facebook. «Hanno massicciamente risucchiato il volume di pubblicità prodotta dall’economia, ma non pagano né l’imposta sulle società, né sulla pubblicità in Austria», ha detto Kern, che è diventato cancelliere nel mese di maggio.
«Mentre si evidenzia su cosa si è basato il tanto decantato boom irlandese, vengono al pettine i nodi legati ai mitizzati investimenti esteri». In questo quadro, sottolinea “Voci dall’Estero”, «caos e disgregazione sono in ulteriore aumento in Europa». Lo dimostra una volta di più anche questa sentenza che chiede alla Apple di versare all’Irlanda 13 miliardi di euro di tasse arretrate. «Mentre Dublino, un po’ paradossalmente, ha già presentato ricorso contro la decisione dell’Ue, in Austria il premier accusa le multinazionali di pagare tasse in misura irrisoria anche nel suo paese». “Voci dall’Estero” rileva quindi come notevole l’atteggiamento del premier austriaco, che «attacca anche i diversi stati membri che praticano politiche fiscali troppo generose per attirare le grandi aziende, accusandoli di mancare di solidarietà verso il resto dell’Eurozona».